mercoledì 20 marzo 2024

PADRONE BASTARDO

 

...il rumore ipnotico del bastone bianco che batte il marciapiede come un rabdomante meticoloso, il bastone ha una sfera alla sua estremità, bianca anche quella; batte, ondeggia e scivola sul marciapiede con un movimento a ventaglio perché deve esplorare l’area davanti ai piedi, intercettare ostacoli e prevenire cadute soprattutto. Ma un bastone rimane pur sempre un bastone, anche se domato e guidato con maestria ed esperienza da sensi sviluppati, meno uno, deficitario per sfortuna o per destino.

Non tutto "vede" il bastone, capita una svista anche a lui, e infatti non la vede: la merda.

Entra il piede destro nel mucchietto viscido e marrone, il passo è sicuro perciò il peso è tutto su quel piede che affonda nella merda, scivola e prende velocità, facendo cambiare l’inerzia di tutto il corpo che si porta appresso, che casca, come uno stronzo innocente, col culo sulla creazione fisiologica canina che stava dove non doveva stare: cacata in mezzo al marciapiede. Ora è un bel da fare, perché una mano prima tocca il culo per capire su cosa si è cascati, ed è merda, se ne accorge anche un cieco. Rimane una mano sola pulita, quella che regge ancora il bastone, la mano si sforza di raggiungere la tasca sul lato opposto della giacca per prendere un fazzoletto, nel mentre, la puzza di merda irrompe nei sensi sviluppati, è proprio merda di prima scelta, appena sfornata, la mattina presto trovi le migliori. 

Dicono porti fortuna…

Sarà stato sicuramente un bastardo, che non è la razza del cane ma quella del padrone, i padroni bastardi e pezzi di merda sono difficili da intercettare; si muovono rasenti ai muri, sfruttando le ombre della sera tardi o della mattina prestissimo, sono abili nel tirare velocemente il loro cane, che ha appena cagato, dalla parte opposta della strada. Del resto basta allontanarsi di pochi metri e quella merda potrebbe essere di chiunque.

«No, guardi, io ho il sacchettino, la raccolgo sempre.» Non è vero, bastardo.

 

venerdì 15 settembre 2023

Bar e Soprannomi

 

"Mario tre dita", "Gigi treccani", "Sabrina mezzo bianco" e via di questo passo… i soprannomi sono alberi genealogici di un individuo, DNA bastardo affibbiato un bel giorno senza una ragione precisa.

I soprannomi non muoiono mai, sono erbe infestanti che verranno ricordati anche il giorno dei funerali.

Prendi "Gigi treccani", Gigi ha veramente tre cani, ma non è per questo che è nato il soprannome, il soprannome è nato perché Gigi parla a raffica di qualsiasi argomento, ti stordisce di parole, concetti, opinioni (sue) è quello che si definisce in modo scherzoso un tuttologo; sa tutto su tutto, ma non sa niente di tutto. Data questa sua caratteristica enciclopedica allo sproloquio e avendo tre cani il soprannome è arrivato come un fine calembour linguistico: tre cani/Treccani come la famosa enciclopedia. Quello di Gigi è un soprannome vigliacco, un soprannome di spalle. Lui non sa di essere apostrofato così, il resto del microcosmo che popola il bar frequentato da Treccani sì.

Il terreno su cui proliferano i soprannomi è il bar, il baraccio di quartiere dove incontri sempre le stesse facce e ascolti sempre le stesse battute, quello in cui chiami il barista per nome e il cesso è veramente un cesso. Quello senza -signature cocktails-, senza barman in guanti neri di lattice che usano contagocce e misurini per farti da bere. Vino bianco o rosso, è il colore che conta. Birra, solo chiara, solo media. Negroni, al massino uno sbagliato, se chiedi un americano gli stai già un po’ sui coglioni. Spritz Campari, roba da uomini, quello con l’Aperol è per la festa della maturità. Poi arrivano tutte le declinazioni eno-slang: mezzo bianco, mezzo bianco spruzzato, mezzo rosso, un rosso con il ghiaccio. Mojito quando c’è la menta, una o due volte all’anno, campari shakerato solo dopo le ore venti e per clienti affezionati.

Ah, dimenticavo… Mario non è monco è solo un ex militante degli anni ’70, frangia extraparlamentare, e quando è in preda alla nostalgia alza la mano sinistra e fa il simbolo della pistola o P38 per i puristi dell’epoca, ovviamente nei duemila è diventato Mario tre dita. 

Sabrina ha una dipendenza che è socialmente accettata, non fa notizia -la dipendenza- , lei affoga ogni giorno un pochino di più, il baraccio non può aiutarla... il baraccio, come la vita, non si volta indietro.

sabato 24 giugno 2023

S

 

Sorella Pluche aprì una taverna dal nome: "Taverna per chi vuole ubriacarsi ma non ha il coraggio di ammetterlo".

Profondamente segnata nello spirito e nel corpo dalla sua esperienza presso la Locanda Almayer non abbandonò la fede, si tolse solo il velo perché con il vento e il sole era più comodo un cappello di paglia.

Continua a scrivere preghiere e a chiedersi dove sia finita Elisewin.

Le sue ultime tre preghiere hanno i seguenti titoli…

1- Preghiera per gli attori che hanno mal di pancia prima della prima e che dopo la prima hanno mal di pancia come prima.

2- Preghiera per le figlie che nascono farfalle e vivono come lucciole.

3- Preghiera per l’uomo nella stanza in fondo al corridoio: esci, pentiti, dì il tuo nome, vieni a bere con me.

Di tanto in tanto sogna ancora il mare che la sovrasta…